• Language:
  • English
  • |
  • A -
  • A +
  • menu

    Aftermath

    Gillian Brett, Lucia Cristiani, Amandine Guruceaga, Thilo Jenssen, Teresa Murta, Ugo Schiavi
    Aftermath 27 maggio- 29 luglio, 2023
    Aftermath  //  Gillian Brett, Lucia Cristiani, Amandine Guruceaga, Thilo Jenssen, Teresa Murta, Ugo Schiavi
    Galerie Mazzoli / Eberswalder Str. 30, Berlin



    Gillian Brett (Paris, France, 1990), Lucia Cristiani (Milan, Italy, 1991), Amandine Guruceaga (Toulouse, France, 1989), Thilo Jenssen (Daun, Germany, 1984), Teresa Murta (Lisbon, Portugal, 1993), Ugo Schiavi (Paris, 1987).



    COMUNICATO STAMPA
    La Galleria Mazzoli di Berlino è lieta di presentare AFTERMATH, una mostra collettiva con Gillian Brett, Lucia Cristiani, Amandine Guruceaga, Thilo Jenssen, Teresa Murta e Ugo Schiavi, a cura di Lucia Longhi.
    La mostra riflette l’intento della galleria di sondare nuovi talenti internazionali che utilizzano molteplici codici multidisciplinari. Il progetto si è strutturato come un'esplorazione del concetto di aftermath - traducibile in italiano con conseguenze, postumi, effetti - trasformandosi in un esercizio di ricognizione delle ricerche artistiche che affrontano le attuali urgenze a livello globale. Gli artisti selezionati, tuttavia, non affrontano il concetto di aftermath in maniera diretta, ma operano piuttosto al suo interno.
    La parola aftermath approfondisce le nozioni di conseguenza, effetto, risultato, ed è etimologicamente ancorata nel mondo naturale, poiché si riferisce alla falciatura dei campi. La mostra prende in prestito il suo titolo da una poesia di H.W. Longfellow (1873) in cui l'autore esplora gli stati emotivi all’indomani di una tragedia - in quel caso la guerra. Se da un lato la poesia suggerisce che ciò che distruggiamo potrebbe non ricrescere mai più come prima, dall’altro tratteggia anche la possibilità di un nuovo inizio.

    La mostra è anche ispirata a una frase del critico d'arte JJ Charlesworth: "L'arte spesso non viene creata fino all’indomani (della tragedia), da coloro che sono sopravvissuti o che erano lontani. È questa distanza - sia temporale che spaziale - che produce le tensioni che stanno al centro della risposta dell'arte alle catastrofi umane". Questa affermazione sottolinea una chiara separazione tra una crisi e le sue conseguenze, e posiziona la produzione artistica a una certa distanza dagli eventi traumatici.

    Date l’attuale situazione globale, in cui le ripercussioni di eventi come pandemia, la crisi climatica, le guerre, le carenze energetiche e le migrazioni di massa sembrano prolungate e dilatate nel tempo, è ancora possibile fare una distinzione tra un "prima" e un "dopo"? Forse ora accettiamo, piuttosto, una nuova dimensione, un limbo senza fine di cui non conosciamo la durata, e quindi uno stato costante di evoluzione e adattamento. Noi umani stiamo adattando i nostri corpi, il nostro pensiero collettivo e gli orizzonti evolutivi a nuove modalità e nuovi codici di esistenza.

    Le opere esposte trasmettono un'idea di aftermath come un agente che attiva l’accettazione, la resistenza, la redenzione, l’allerta, la mutazione - una forza che interroga il passato e il futuro. In gran parte della produzione artistica odierna è evidente l'impulso di cercare una via d’uscita, un desiderio di abitare luoghi diversi - interiori ed esteriori, reali o immaginari. Per mezzo di diversi approcci formali e concettuali, gli artisti promuovono un'esperienza consapevole delle collisioni in corso, in quanto essere permettono di rifabbricare la nostra materia in una nuova identità, mutando le nostre pelli e le nostre fedi. La crisi si fonde allora con il suo aftermath, che si trasforma in uno spazio autonomo e fertile di autoconsapevolezza e immaginazione; un allenamento perpetuo per il presente; un sistema di lotta e rinascita; un insieme di meccanismi di sicurezza; un laboratorio per plasmare nuovamente la nostra stessa carne.

    La mostra suscita quindi un senso di consapevolezza e disorientamento, paranoia e desiderio. Rivela uno slancio dilatato verso realtà alternative, in cui possiamo lasciare parzialmente la presa e fonderci con la tecnologia, con la natura, con i ricordi, con le paure e con altre forme viventi e non viventi. Aftermath è un prisma attraverso il quale siamo invitati a leggere la nostra contemporaneità.

    Lucia longhi


    Gillian Brett (Parigi, Francia, 1990) vive e lavora a Marsiglia. La sua pratica analizza la relazione tra esseri umani e tecnologia, riflettendo su come questa equazione plasma il nostro mondo. Le sue opere, realizzate con rifiuti elettronici, affrontano l'attuale crisi digitale e la sua connessione concreta con la realtà, nonostante la sua apparente natura immateriale. Ha conseguito una laurea magistrale in Belle Arti presso Villa Arson (Nizza) e un diploma post-laurea in Belle Arti presso il Goldsmiths College, Università di Londra. Ha esposto a livello internazionale presso il Munch Museum di Oslo, la Stadtgalerie Saarbrücken in Germania, Das Weisse Haus di Vienna, la fiera Artissima a Torino e molte altre istituzioni. Tra i riconoscimenti internazionali ci sono il Prix Dauphine pour l'Art Contemporain e il premio Xiaomi HyperCharge.

    Lucia Cristiani (Milano, Italia, 1991) vive e lavora tra Milano e Sarajevo. La sua ricerca esplora la percezione del sé individuale e collettivo attraverso la memoria degli oggetti, dei luoghi e delle relazioni con le persone. Attraverso la sua pratica, cerca la narrazione come condizione umana istintiva per la costruzione dell'identità. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive in gallerie private e istituzioni, tra cui Fondazione La Quadriennale a Roma, Fondazione ICA a Milano, Manifattura Tabacchi a Firenze, MART a Rovereto, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino, Fondazione Elpis a Milano e la GAM, Galleria d'Arte Moderna a Verona.

    Amandine Guruceaga (Tolosa, Francia, 1989) vive e lavora a Marsiglia. Il suo lavoro mette alla prova i limiti della materia - metallo, tessuto, pelle - e gioca con i confini tra arte e artigianato, organico e inorganico, riflettendo la fragilità del nostro mondo. Si è laureata all'École Supérieure d'Art et de Design Marseille Méditerranée. Tra le mostre più significative figurano "Colour Sparks" presso la Monteverita Gallery di Parigi (2018), la mostra finale della residenza LVMH Métiers d'Art; Art-0-Rama Fair (2019); Julie Caredda Gallery di Parigi (2023) e molte commissioni pubbliche, tra cui una scultura per il Parco di La Villette a Parigi. Tra i riconoscimenti internazionali: MAIF Sculpture Award, il 64° Salon Montrouge, il premio Révélations Emerige, il programma Traversée del Ministero francese della Cultura (primo premio, 2021).

    Thilo Jenssen (Daun, Germania, 1984) vive e lavora a Vienna. La sua pratica si occupa dei codici visivi del presente e delle situazioni di sorveglianza che incontriamo nello spazio pubblico. È interessato a rendere visibili le strategie di sicurezza, per indagare la tensione e i limiti tra sicurezza e dominio, tra supporto e controllo. Ha studiato scultura con Florian Slotawa e scultura performativa con Christian Philipp Müller presso la Kunsthochschule Kassel, e pittura con Daniel Richter presso l'Akademie der Bildenden Künste Vienna. Tra le mostre recenti: "Critique of Not-so-pure Reason" presso Simulacra gallery di Pechino nel 2023; "Immaculate" presso Mars Frankfurt nel 2022; "Uppers and Downers" presso Christine König Galerie nel 2022; "Feelings. Kunst und Emotion" presso la Pinakothek der Moderne di Monaco nel 2019.

    Teresa Murta (Lisbona, Portogallo, 1993) vive e lavora a Berlino. Ha studiato Belle Arti presso la Upper School of Arts and Design di Caldas da Rainha, in Portogallo. Nei suoi dipinti esplora i concetti di meraviglia, assurdità e metamorfosi. Il modo in cui gioca e combina intuitivamente mondi artificiali e naturali accoglie lo spettatore in altre realtà. Espone regolarmente dal 2019 in Portogallo e all'estero. Nel 2022 Teresa Murta ha partecipato a diverse mostre collettive come "(0/1) O Zero e o Um" presso il Museo di Storia Naturale e Scienze di Lisbona e "Que te seja leve o peso das estrelas" presso il Centro de Arte Contemporanea di Coimbra. La sua ultima mostra personale è stata "Fishnet" presso l'Istituto Camoes a Berlino nel 2022.

    Ugo Schiavi (Parigi, 1987) vive e lavora a Marsiglia, in Francia. Ha studiato presso Villa Arson a Nizza. Il centro della sua ricerca è un'archeologia del futuro, in cui resti antichi, rifiuti umani e natura si fondono. Il suo lavoro si posiziona all’intersezione tra storia e finzione, interrogando gli orizzonti evolutivi di un'umanità digitalizzata. Commissioni in spazi pubblici includono: "Uprising" (2018), una scultura colossale presso il Municipio di Parigi, "Il naufragio di Nettuno" (2021), un monumentale intervento nella piazza di Nantes, e "Uprising-Collapse" (2022) ai Giardini delle Tuileries, organizzato da Paris Plus par Art Basel e il Museo del Louvre. Le mostre personali includono: Musée des Beaux-Arts d'Orléans, Musée Réattu ad Arles, CAB Grenoble. Nel 2022 ha partecipato alla Biennale di Lione. È stato selezionato per la produzione di un'installazione permanente per i Giochi Olimpici del 2024 a Parigi.

    Leggi seguito

    Chiudi

    Aftermath Aftermath Aftermath



    IMMAGINI MOSTRA
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    Aftermath
    + Aftermath | Gillian Brett, Lucia Cristiani, Amandine Guruceaga, Thilo Jenssen, Teresa Murta, Ugo Schiavi, Galleria Mazzoli, Berlino 2023 (foto © Riccardo Malberti)